Warm up – “Come iniziare una sessione di studio?”

WARM UP
“Come iniziare una sessione di studio?”

      Indice:

  1. Respirazione – mindfullness
  2. Accordiamo, che male non fa
  3. Le unghie, queste sconosciute!
  4. Proiezione del suono
  5. Arpeggi per la mano destra
  6. Mano sinistra: Scale si o scale no?
  7. Improvvisiamo (wooo!) per interiorizzare la sonorità (utile e dilettevole)
  8. Repertorio ok, ma very very very mucho lento
  9. Un po’ di Standards Jazz che so belli

Il riscaldamento è un discorso molto personale. Alcuni chitarristi prendono lo strumento e iniziano a suonare un brano, altri non suonano se non hanno fatto prima due ore di tecnica… Insomma, il discorso è molto soggettivo ma proviamo a trovare una quadra.

Mi torna in mente un video di Pepe Romero dove per prima cosa dice di aprire la custodia, guardare la chitarra, contemplare la sua bellezza e ringraziare. Dopodiché, così come le nostre dita hanno bisogno di riscaldarsi, anche lo strumento deve riscaldarsi e preparare la sua voce… La trovo un’immagine bellissima.

Prima di elencare il modo in cui io affronto il warm-up, ci tengo a far notare che uno degli errori più grandi che reputo noi musicisti facciamo o abbiamo fatto, è affrontare la tecnica e il riscaldamento come un qualche cosa che niente ha a che fare con l’esecuzione, ma l’esecuzione è sempre il nostro obiettivo, quindi perché non praticare (o provare a praticare) sempre tutto come fosse una performance? Vediamo in che senso:

  • cura del suono
  • cura delle dinamiche
  • espressività
  • precisione

Insomma, pensare sempre “musicalmente” anche gli esercizi.

Ma ora vi illustro brevemente qual è la mia routine, sperando possiate trarne degli spunti interessanti.

 

1. Respirazione – mindfullness

La prima cosa che faccio, o che provo a fare, è entrare in un mood di relax. Far capire al mio corpo che la musica non è avere il corpo in tensione (con ripercussioni sul suono oltre che su tendini e muscoli) ma è un momento dove il corpo fluisce in morbidezza con l’esecuzione. Quindi accendo la mia candela, imposto un timer di 5 minuti e semplicemente respiro, cercando di rilassare tutto il corpo e osservare le mie sensazioni/emozioni, accettandole, tutto questo senza strumento, magari con la custodia aperta.

 2. Accordiamo, che male non fa!

Inutile dire che la prima cosa da fare è accordare lo strumento. Anche per lo strumento classico ho iniziato ad usare sempre un accordatore a paletta (polytune clip), soprattutto dopo aver visto concertisti di fama mondiale farne uso senza remore, attaccato anche tutto il concerto sulla paletta (vi prego, mettete però il display verso l’interno, non si può guardare quella mini tv davanti!). Una volta accordato, suono qualche accordo, do un ultimo check e via.

 3. Le unghie, queste sconosciute!

Successivamente passo al controllo delle unghie. Magari c’è da limare, accorciare, pulire, finché non ottengo il suono che voglio su ogni corda e con ogni dito. Un sistema infallibile è suonare una corda con tocco appoggiato e successivamente con tocco libero. L’unghia è a posto quando si ottiene lo stesso suono, in entrambi i modi. Ho trovato una lunghezza (tendenzialmente corte) che mi permette di non avere problemi quando passo allo strumento elettrico (che suono tendenzialmente a plettro e dita). Avere le unghie corte (giusto appena oltre  il polpastrello) ci permette anche di evitare spiacevoli inconvenienti come le rotture, e aiuta anche chi non ha unghie particolarmente forti.

4. Proiezione del suono

Per proiettare il suono con più volume, immagino di suonare per una persona lontana di fronte a me, spingendo bene con le dita della mano destra. Ho rubato delle indicazioni da lezioni con Angelo Gilardino e David Russell che trovate facilmente in rete.

 Importante: suonare una corda alla volta, LENTAMENTE

 5. Arpeggi per la mano destra

Passo poi agli arpeggi per mano destra, dove solitamente mi avvalgo della sezione sugli accordi diminuiti discendenti dall’ “Etude No.1” di Villa Lobos. In questo caso proviamo a dare peso alle note dell’accordo in battere. In questo frangente si può pensare di iniziare a spingere un po’ in velocità, progressivamente, avendo la mano ormai pronta.

6. Mano sinistra: Scale si o scale no?

Lo so, c’è chi vi dice che le scale sono assolutamente da suonare sempre e per sempre, in tutti i posti, luoghi e laghi, il problema è però che resta un materiale totalmente sterile e tanti musicisti non sanno nemmeno qual è la relazione tra un accordo costruito su un qualsiasi grado e la sua scala relativa.
Dopo anni e anni di prove, lezioni, allievi, maestri e quant’altro, credo che suonare le scale in maniera totalmente decontestualizzata, senza associarle ad un accordo e farle diventare semplicemente un esercizio meccanico sullo strumento, sia una grandissima perdita di tempo ed energie che si possono investire in maniera più funzionale. Andando un attimo off topic e parlandi di approccio jazzistico, io preferisco studiare le scale prima a “porzioni”. Esempio: prendo un accordo di Do maggiore al terzo tasto e suono la scala di Do relativa in quella parte di manico; prendo un accordo di Re minore settima al quinto tasto e suono il modo dorico di Re in quella porzione di manico. Dopodiché cerco diteggiature che mi permettano di coprire tutta la tastiera orizzontalmente, quindi sempre partendo (nel caso del Re) dal quinto tasto, arrivando fino a fine tastiera in maniera ascendente e discendente. 
Questo ci permette di approcciare al suono della scala in maniera reale e di rendere la nostra pratica tecnica funzionale. 

 7.  Improvvisiamo (wooo!) per interiorizzare la sonorità (utile e dilettevole)

Dopo aver quindi praticato una scala che ci interessa (magari perché usata in un brano di repertorio che stiamo studiando o magari perché vogliamo imparare cosa suonare su quel dato accordo su uno standard) possiamo passare a suonarla un po’ liberamente, anche utilizzando una base costruita con software come band in a box, presa da youtube o meglio ancora registrata con una loop station. In questo modo saremo in grado di associare la sonorità di quell’oggetto musicale ad un determinato contesto armonico. 

Possiamo usare:

  • scale
  • arpeggi
  • approcci
  • salti
  • note doppie
  • note di passaggio
  • improvvisazione melodica (creo una linea melodica e la modifico ogni volta che si ripresenta anche partendo da gradi differenti)
  • permutazioni (1235 ecc)

Insomma, tutto quello che ci viene in mente, o anche semplicemente suonare liberamente. 

8. Repertorio ok, ma very very very mucho lento

A questo punto direi che siamo belli che pronti per iniziare a studiare i nostri brani di repertorio. Anche in questo caso, la raccomandazione è sempre di partire lenti, per assaporare le dinamiche, i suoni, le note della melodia che magari devono predominare (ogni dito ha un suo volume e nel jazz non dovrebbe essere diverso!).
Dopodichè possiamo passare alla vera e propria esecuzione del brano correggendo e dando attenzione alle parti più ostiche.

9. Un po’ di Standards Jazz che so’ belli

Alla fine della sessione, se stiamo lavorando su un brano scritto, possiamo sicuramente scioglierci un po’ suonando qualche standard, sempre rispettando il tema e magari prediligendo quelli che conosciamo (non si finisce mai di imparare).

Ricordo anche in questo caso di ritagliare un’ampia fetta di studio all’esecuzione vera e propria “Cosa suonerei e come mi comporterei se fossi in un vero club con il mio trio in questo momento?”.
Se trascuriamo questo aspetto, suoneremo sempre come delle macchinette, pochi peli sulla lingua.

 

Ecco fatto, a grandi linee mi comporto così. So che sembrano tante cose, ma in realtà in una trentina di minuti (salvo la parte dove studio il repertorio), forse anche venti, si riesce benissimo a fare un ottimo riscaldamento “mirato” comunque alla performance.

Spero tu abbia trovato in questo blog-post degli spunti interessanti da portare a casa e da inserire nella tua routine di studio. 

Alla prossima e buona pratica!

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Chi sono?
Mi chiamo Gen Cotena e sono un chitarrista a cavallo tra il jazz e la musica classica. Aiuto chitarristi onnivori a galleggiare liberamente nella musica fornendo strumenti necessari per comprendere e suonare con competenza e personalità questi due linguaggi musicali.

gen cotena guitar
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